top of page

Marzo 2005, Michele torna dall’EUDI con una borsa piena zeppa di depliant, c’è di tutto, Maldive, Mar Rosso, Caraibi, Palau, Micronesia, Africa, e come al solito una montagna d’adesivi, tanto per miscelare tutto in una totale confusione.

Cominciamo così lo spoglio del materiale, e volano le proposte bocciate: troppo costoso, pochi giorni, lì c’è la guerra, Giggetto c’è già stato, immersioni difficili, e via dicendo. Michele mi accenna di aver trovato una buona proposta per le Filippine, ma vado avanti e continuo a leggere depliant su depliant. Alla fine trovo una cosa interessante, sembra fatta apposta per noi, sono già euforico, chiamo Michele e gli dico – “ Hai visto queste proposte sulle Filippine? Sono buone che ne dici? “- “ Ma va !!” mi risponde guardandomi strano.

Incontriamo subito Danny, il nostro contatto con Asia Holidays, il Tour Operator che si occupa dei viaggi in Oriente, rimanendo sorpresi dalla sua disponibilità e professionalità. Danny ci descrive tutto in modo realistico, senza mascherare le eventuali difficoltà, o le cose che possono non piacere, così ci racconta subito di un mare pieno di colori, con enormi gorgonie, coralli molli di tutte le sfumature, e tanta microfauna, ma poco pesce pelagico, pochi squali, mante e carangidi. Lo apprezziamo molto per questo modo di fare ed infatti le nostre aspettative non saranno deluse. Organizzare il viaggio con Danny è stato un vero piacere, abbiamo avuto subito l’impressione di trattare con un amico e non con un uomo d’affari, d’altronde anche lui, come diciamo noi, ha il mare dentro, e questo gli si legge nel volto e nell’amore con cui svolge la sua professione.

Abbiamo tutto il tempo per pubblicizzare il viaggio, ma gli ingredienti sono ottimi: dieci giorni effettivi sull’isola, prezzo più che conveniente, immersioni illimitate. Il gruppo pian piano prende consistenza, prima lo zoccolo duro dell’arvusub, poi gli amici ed infine gli amici degli amici. Unica nota dolente è stata la rinuncia all’ultimo momento, per motivi più che validi, di Francesco e famiglia. A parte gli mms scherzosi che gli abbiamo inviato, ci sono mancati veramente. Francesco oltre ad essere un nostro fotosub è anche un esperto subacqueo, quasi Divemaster, ed una persona simpatica e con senso dell’humour. Indirettamente ha contribuito anche lui a fare gruppo, c’erano sulla lista tre persone associate a Francesco: un suo amico, tale Lorenzo, che ha portato un’amica, tale Elly, che ha portato un’altra amica, tale Daria, una specie di catena di Sant’Antonio. Anche Fabio ha coinvolto alcuni suoi amici, Silvio, Elena, ed il cugino, insomma un gruppo ben assortito con gente nuova tutta da scoprire. Alla fine siamo diciannove, è il 22 febbraio, ci siamo visti tutti soltanto una volta a cena, e siamo in fila per il chek-in, Danny ci da le ultime raccomandazioni e….e da lontano spunta Ravasio – “ Vince so partito da Montegranaro che faceva sei gradi, che diggi farà freddo?! “-, nessuno conosce Ravasio, lo presento al gruppo dicendo – “ Ecco a voi Ravasio “ – come fosse un uomo di spettacolo, ed in effetti lo è.

Finalmente si parte, siamo sull’aereo della Qatar Airways diretti a Doha, sono le 13.00 ci aspettano 6 ore di volo. Ogni tanto qualcuno fa un giro di perlustrazione, si scambiano battute, si fa il toto macchine fotografiche allagate, e Daniele comincia a preoccuparsi. Con Ravasio riprendiamo un discorso sospeso lo scorso anno alle tre del mattino a Los Roques, si tratta della comprimibilità dell’acqua, lui ancora non lo sa, ma ho portato gli attrezzi per la dimostrazione.

Non si capisce più se quello che portano è il pranzo, la merenda, o la cena, ma tutti mangiano tutto, perfino le lasagne della Qatar. Arriviamo a Doha che è notte, l’aeroporto è piccolo, ma si comprende subito che questo è il paese del petrolio, al centro del duty free una BMW X5 ed una berlina stratosferica fanno bella mostra, ma noi preferiamo i pistacchi che sono buonissimi.

Ogni tanto sul tabellone delle partenze il volo per Cebu appare e scompare, capiamo che ci sarà un bel ritardo. Conosciamo due ragazzi di Parma, anche loro diretti al Sampaguita Resort, sono appassionati di fotosub e simpatici, meno male. Le ore passano, ed alla fine dopo aver imparato a memoria ogni prodotto del duty free, ci troviamo tutti stravaccati a terra a mangiare pistacchi fino alla chiamata del volo. Il nuovo aereo è full-optional, addirittura film in italiano da scegliere e da vedere ciascuno sul proprio monitor, così ci spariamo tre, quattro film, ed il tempo passa, qualcuno che non avrebbe dovuto si toglie le scarpe (non era del nostro gruppo), e qualcuno è costretto a passare con il deodorante per la disinfestazione. Con il fuso orario ormai è la confusione, ma siamo tutti euforici anche se stanchi.

Arriviamo a Cebu, fa molto caldo, e le recenti piogge hanno reso l’aria molto umida, si suda, finalmente togliamo le felpe e rimaniamo solo con una bella mogliettina. Sbrighiamo le formalità doganali, qualcuno ha qualche stecca di troppo, ma si chiude un occhio, ad aspettarci c’è il titolare del resort, Sergio Forti, un vero personaggio, da solo varrebbe una vacanza al Sampaguita. Sergio ha lasciato l’Italia 15 anni fa ed ha inventato il suo villaggio, non ha nostalgia dell’Italia ma della sua Roma si, non della città, ma della Roma di Totti, Tommasi e compagni. Provate a far squillare il suo cellulare, la suoneria è il tifo della curva, e poi è un piacere sentirlo scherzare con i laziali.

Sergio Forti ha portato con se la sua romanità, il suo motto potrebbe essere quello del famoso stornello romano “ ..ma che ce frega….ma che c’emporta…”, mette subito tutti a proprio agio; con la sua schiettezza e simpatia ci fa capire che siamo in vacanza, che è ora di togliere l’orologio e di rilassarci, così a chi si preoccupa per la sveglia dell’indomani lui risponde – “Ma che te frega, adesso pensa a dormì che sei stanco, domani si vedrà…”-. Arriviamo al Sampaguita di notte, sembra essere nel mezzo della giungla, il cuoco ci ha preparato dell’ananas fresca, ma l’obiettivo ora è riposare, e finalmente andiamo tutti a dormire.

Al risveglio ci rendiamo conto di quanto è bello il villaggio, gli alloggi sono a forma di capanna, rivestiti di foglie di palma, alcuni sono a due piani, l’interno è in legno e bambù, perfettamente curato, pulito, essenziale. Il panorama è stupendo, il mare è sotto di noi, a soli dieci metri, piatto e limpido, i pescatori sulle loro piccole canoe, sembra un quadro. Il silenzio è rotto solo dai versi degli animali, alcuni strani, mai sentiti, altri più comuni, come il gallo amico di Daria.

Incontro Ravasio e mi dice –“Vince, io ho paura!!”- “e di cosa?”- rispondo –“e se mi abituo a questo paradiso?”-.

La mattina c’incontriamo tutti presso l’unità centrale dove si mangia e dove si fa salotto, per noi c’è un lungo tavolo apparecchiato, tutto in legno con le sedie di bambù, da qui partiamo per le scorribande verso il bouffe. Con Marcello ci chiediamo perché mettersi in fila, d’altronde non è mica la mensa?! È un bouffe!! E quindi via al saccheggio!! Zuppa con riso a base di verdure, zucca, frutti di mare, poi pollo fritto, alla brace, patate, maialino, pesce arrosto, dolcetti al cocco ed ananas a volontà, tutto veramente buono, alla fine della vacanza abbiamo preso qualche chilo, bravi i cuochi e soprattutto cortesi e disponibili.

Il diving è in ordine e soprattutto non si sente il rumore dei compressori, è tranquillo, non affollato, in perfetta sintonia con il posto, c’è tutto l’occorrente per riporre l’attrezzatura dopo il risciacquo, e così sicuro che possiamo lasciarci anche la delicata attrezzatura fotografica. In realtà c’è Frebee, una graziosa ragazza filippina, che si occupa del diving, è sbalorditivo come già al secondo giorno si ricordasse perfettamente i nomi di tutti noi, e non solo i nomi, ma anche le singole attrezzature, così è sempre tutto in ordine, tranne quando arriva Ravasio, che viene soprannominato da Frebee “Ghuloo” ossia disordinato.

Dal pontile adiacente il diving entriamo in acqua per la prima immersione e per fare il chek delle attrezzature. Arrivare al Droop-off è semplice, ci sono una cinquantina di metri da fare ad una profondità che varia dai due ai cinque metri, ma è uno spettacolo, c’è di tutto, coralli di tutte le forme, pesci farfalla, pesci palla, anemoni con pagliaccio, piccoli balestra, ed un’infinità di stelle marine azzurre e rosse, e poi crinoidi, nudibranchi, sembra di essere in un acquario. Raggiunto il droop-off il colore dell’acqua si fa più cupo, a causa della profondità e del plancton, ma la natura esplode. I polipi dei celenterati qui non conoscono la cassa integrazione, sono sempre a lavoro, e le gorgonie crescono a dismisura, addirittura fino a tre metri. I coralli molli, soft coral, sono qualcosa di particolare, dubito che se ne possano vedere così altrove. Intorno ai venti metri accendendo la torcia, lo spettacolo è mozzafiato, i rami semitrasparenti vanno dal rosso al Magenta, al rosa, al verde al fucsia, al giallo, con infinite tonalità intermedie. Tra i cespugli dei gorgoniacei ti ci puoi anche perdere, mentre all’interno, ben nascosti, volteggiano i pesci leone, anche tre quattro, uno sopra l’altro. Guardando tra i coralli abbiamo visto un serpente di mare a strisce bianche e nere, procedeva lentamente con il suo moto sinuoso entrando ed uscendo dalle tane formate dall’intreccio dei coralli fino a trovare un rifugio di suo gradimento. Sopra una madrepora, un branco di piccoli pesci rasoio, quelli a testa in giù per capirci, si muovevano all’unisono, insomma uno spettacolo nello spettacolo.

Durante il giorno due immersioni erano dalla barca per poter esplorare tutta la costa e soprattutto per arrivare a Pescador, poco più di un grande scoglio in mezzo al mare. Il droop-off di Pescador è particolare, tutte le immersioni sono in parete, è il regno dei Frog Fish, sfido chiunque a distinguerne uno mentre sta immobile sopra una spugna o un corallo del suo stesso colore. Sergio mi fa un segno indicandomene uno, mi avvicino con la telecamera, ma non riesco a distinguerlo, eppure so benissimo che deve trovarsi in quel mezzo metro quadrato, ma vi assicuro che ci ho dovuto sbattere la telecamera per vederlo. Era rossastro come la spugna, lungo una trentina di centimetri, la cosa che più colpisce sono le pinne pettorali che sembrano due piccole manine, che bello!!! Vedo Lorenzo e Daria una decina di metri sotto di me, da come si muovono capisco che hanno visto qualcosa d’interessante, scendo velocemente, e li trovo a giocare con una tartaruga, la videocamera va da sola, riprendo la scena e si risale.

In zona sosta di sicurezza, a 5 metri, ci restiamo fino a che l’aria è a zero, a questa profondità c’è tutto un microcosmo da esplorare: piccoli pesci pietra perfettamente mimetizzati, granchietti trasparenti, e soprattutto i pesci mandarino, nascosti tra i rami del corallo, per la gioia dei fotografi appassionati di macro. Per poter rimanere sott’acqua più a lungo, e le immersioni duravano in media 50 minuti, ho visto di tutto, addirittura in tre attaccati ad una bombola, altro che remore!! Il nostro corso d’acquaticità ha funzionato bene.

Un giorno, risalendo dall’immersione, il Timoniere mi viene incontro e in inglese filippino, tenta di dirmi qualcosa, capisco soltanto “Whale Shark”, e questo mi basta per rispondergli senza neanche togliere la maschera –“ Where is it?”-, e così ci racconta di averlo visto passare a circa 200 metri da noi verso il largo. L’abbiamo cercato, scrutando nel blu, e fino all’orizzonte, ma niente, questo fantastico incontro sarà per un prossimo viaggio. Non è mancato invece l’incontro con uno squalo vero, a dare l’allarme sono stati Lorenzo e Daria, loro lo hanno visto proprio bene, per me è stato un attimo, a malapena sono riuscito a filmarlo mentre spariva nel blu, credo sia stato un volpe o un grigio, comunque è sempre una bella emozione e da quel giorno si dice che Daria abbia un bel…..!!

Avevo già avuto modo di osservare durante un viaggio a Sipadan, le guide che dotate di un’astina d’acciaio, vanno a grufolare tra gli anemoni o tra i coralli alla ricerca di quei piccoli organismi, che io chiamo i gioielli del mare, mi riferisco ai piccoli e meravigliosi nudibranchi ai gamberi colorati e trasparenti delle anemoni, alle ascidie gialle e verdi. Ogni volta che il simpatico Super Mario, la guida filippina, ci chiamava, era una sorpresa, ancora mi chiedo come facesse a trovare quelle chicche su una parete tanto grande.

Dopo il tramonto il diving era di nuovo in fibrillazione, tutti si preparavano per la notturna. Alla luce della torcia si materializzavano strani organismi, alcuni mai visti di giorno, come grandi oloturie e stelle marine lunghe quasi 80 centimetri, ma lo spasso erano i paguri grandi come noci di cocco, che se ne andavano in giro trasportandosi la conchiglia con tanto di due, tre anemoni al seguito, poi i pesci ago, parenti stretti dei cavallucci marini, con le loro appendici colorate, e le anemoni rosse con i pagliacci che si nascondevano all’interno. L’appuntamento era con due grosse tartarughe che stavano fisse sul ciglio del droop-off, di notte erano ancora più spettacolari, per niente intimorite si lasciavano avvicinare, ed a stento qualcuno riusciva a trattenersi dall’accarezzarle.

Alla fine tra immersioni dalla barca, per conto nostro, e notturne, c’è chi è arrivato a quota 34 immersioni, un bel numero non c’è che dire.

La sera, dopo cena, c’era la resa dei conti, i voti per come ci si era comportati in acqua. Un gioco simpatico per raccontare le immersioni svolte, per ricordare regole sulla sicurezza, e per dare consigli e qualche bacchettata, nessuno escluso. La cosa era così simpatica che anche gli altri ospiti del Sampaguita partecipavano attivamente, ormai era un appuntamento fisso, tutti contro tutti.

Il soggiorno si è concluso in bellezza con la gita alle Kawasan Falls. La giornata era piovosa e questo è stato un bene altrimenti sai che caldo. Dopo aver navigato per circa 40 minuti, sbarchiamo su una spiaggia semideserta e ci inoltriamo nella giungla. In realtà il percorso è ben segnato ed il posto è frequentato dai turisti, ma l’atmosfera che si respira è quella dei film sul Vietnam. Insieme a Fabio e Silvio guadiamo un torrente, poi cominciamo a risalirlo, la pioggia fine e l’umidità creano una strana nebbiolina, ogni tanto c’è qualcuno che fa il bucato nel torrente, si prosegue, i versi degli uccelli si fondono con il rumore dell’acqua che scorre, poi la capanna di un artigiano che intaglia le noci di cocco per ricavarne dei monili, l’atmosfera è surreale. Arriviamo alle cascate, il posto ha un minimo di attrezzature per i turisti che possono trovare da bere e qualcosa da mangiare, noi ci tuffiamo subito in acqua, verso la grande cascata, poi con una specie di zattera di bambù guidata da un temerario e simpatico filippino, diamo inizio ai “giochi senza frontiere”. Tutti sulla zattera, poi perfettamente orizzontali passiamo sotto una grotta dall’altra parte della cascata e finalmente sotto lo scroscio della cascata, credo che le urla si siano sentite fino a Manila, la nostra amica, Nathalie, riprende tutte le fasi dell’operazione e scatta le foto. Il rientro è sotto la pioggia battente, in barca Massimiliano si rifugia in sentina, e meno male così mi ritrova pure il tappo della videocamera, arrivati al Sampaguita, di nuovo tutti a mollo per l’ultimo bagno in questo paradiso e poi via a preparare i bagagli.

Tutto è andato per il meglio, ma non mi sarei mai aspettato di trovare persone così simpatiche. Grazie a tutti i partecipanti a nome dello Staff arvusub.

 

l'Isola di Cebu, Filippine

bottom of page