Mafia 2008
Le ruote del trolley scorrono sul pavimento dell’aeroporto……no, mi sembra che questo…si questo era l’inizio del racconto delle Maldive, comunque anche questa volta le ruote scorrevano rumorose sul pavimento, fino ad arrivare alla postazione della Svissair dove avevamo l’appuntamento. E’ sempre entusiasmante incontrare gli amici con cui andrai a condividere una bella avventura, e l’euforia in questi casi è incontenibile, ma la bronchite, la febbre, ed una bella ernia cervicale che mi martellava tutto il braccio sinistro, mi rendeva un po’ preoccupato e meno brillante. Anche Michele partiva con l’handicap, febbre a 38,5 e bronchite con tosse. Così ci imbarchiamo con una valigia piena di medicinali, c’era di tutto, antibiotici, aspirine, antinfiammatori, tachipirina, cerotti, antizanzare, e via dicendo. Il check-in è stato veloce e siamo arrivati a Zurigo con una puntualità Svizzera, qualcuno ci ha rimesso delle creme per il corpo e la nivea liquida, altri una boccetta d’acqua. Ma si sa, i controlli sono ferrei ed i liquidi non possono essere imbarcati…. però mi è mancata la nivea!!
Da Zurigo a Dar Es Salam la truppa era abbastanza assopita, io personalmente imbottito di medicine, ho dormito come un cammello, nel senso che ero tutto storto e mi è venuta la gobba. Poi ho visto un bel film, che raccontava la storia di un sorcio che faceva il cuoco, così mi è venuta fame e l’ assistente di volo mi ha portato i salatini, peccato che mancava
Finalmente arriviamo a Dar, capitale della Tanzania , terra di grandi parchi, di animali selvaggi che corrono in libertà, qui è Africa vera, e dopo aver respirato l’aria fredda e secca della Svizzera mi preparo ad accogliere nei polmoni l’arsura della savana. Il portello dell’aereo si apre, e giù, la botta di calore è forte, anche perché non c’è aria condizionata, la sensazione però è piacevole, via cappotti e sciarpe e via soprattutto la bronchite, già sto meglio. Dopo la solita confusione per lo sbarco, vediamo un ragazzo con il cartello “ammodio 24 “, siamo noi, quindi con tre pulmini carichiamo tutto ed andiamo in albergo. A questo punto sono quasi in trance, riesco a malapena ad accaparrarmi la stanza che mi butto a letto ed è già mattino. Ci ritroviamo tutti a colazione pronti per la prima prova di coraggio, l’aereo monoelica che ci porterà a Mafia.
L’aeroporto è una specie di magazzino di stoccaggio merci, ci chiedono di formare due liste, una per ogni aereo, poi pesano i bagagli. Ci affacciamo sulla pista che sembra un campo da bocce in terra battuta. Mi accorgo di facce effettivamente preoccupate, così cerco di cambiare discorso e attiro l’attenzione sulla possibilità di vedere gli squali balena dall’aereo, io scherzavo, ma li hanno visti veramente. Il volo è liscio come l’olio, Claudia funge da copilota, sembra la mamma che fa scuola guida al figlio, il pilota sembra un pischello, io ho la mano sinistra frantumata da Paola che suda freddo, ma lo spettacolo che si vede sotto è mozzafiato, la savana, le capanne, poi il mare.
Le ruote stanno per toccare la pista da motocross, ce la possiamo fare, siamo a Mafia Island, un parco naturale protetto, ma da che cosa lo devo ancora capire visto che qui non c’è niente, solo natura incontaminata. Il trasporto fino al Mafia Lodge lo facciamo sulle mitiche Land Rover a passo lungo, quelle che hanno fatto la storia dei safari in Africa. La strada è di terra rossa, fantastica, piena di buche, avvallamenti, mancano i guadi e siamo al Camel Trophi. Si viaggia al contrario come gli inglesi ma alla fine si va cosi dove ti porta il sentiero, altrimenti rimani dentro le buche. Attraversiamo zone di verde intenso con palme, banani e piante tropicali, ogni tanto sfioriamo qualche oriundo in bicicletta, e alla fine entriamo in un villaggio, i bambini ci salutano sorridenti, gridando Jambo!!Jambo!! sono veramente simpatici e noi rispondiamo al saluto scattando foto a più non posso. La gente è cordiale e non pretende nulla, non cercano di fregarti, se vuoi dargli la mancia bene, altrimenti basta un sorriso, alla faccia degli egiziani di Sharm.
Il Lodge ci impressiona subito, la parte centrale è come un immenso capannone, tutto in legno, e coperto da foglie di palma intrecciate, qui c’è il bar, la cucina, e la zona relax con comode poltrone e divani, che pacchia!! La direttrice del Mafia Lodge ci accoglie offrendoci una fresca noce di cocco con tanto di cannuccia, ragazzi questa si che è vita!! Si chiama Milena e ci mette subito a nostro agio, d'altronde è molto simpatica e disponibile. Le camere sono veramente accoglienti ed in pieno stile africano hanno il telo anti zanzare sopra il letto, ma anche l’aria condizionata e l’acqua calda, spaziose, con uno stupendo patio dove ti puoi rilassare guardando il mare, le palme, il cielo. Sembrava l’immagine di uno di quei poster che gli sfigati attaccano dietro la scrivania del proprio ufficio. La prima cosa che ho fatto è stata quella di spruzzare in ogni angolo l’antizanzare, non si sa mai, la malaria non è proprio assente nell’isola, ma molto rara, basta coprirsi la sera e spalmarsi l’autan, e soprattutto chiudere sempre la stanza ed ogni tanto fare la disinfestazione. Senza esagerare come ha fatto Ravasio che a momenti si intossicava.
Dopo la sistemazione vado con Michele a conoscere il mitico Mario, il proprietario del diving Big Blu e indiscutibile conoscitore dei fondali di Mafia. Percorriamo i 100mt di spiaggia e siamo da lui. Mario è di Roma e quindi siamo un po’ parenti, ci spiega come funzionano le immersioni, gli orari scanditi non dai nostri capricci ma dalle maree, ci chiede come è il gruppo se abbiamo tutti l’attrezzatura e ci fa gli auguri per le nostre bronchiti. Confesso che ho sempre un po’ di timore quando vado in un posto nuovo, timore che tanti chilometri percorsi non siano adeguatamente ripagati da ciò che il mare può offrirci. Anche se non siamo degli sprovveduti, se ci documentiamo, facciamo indagini dettagliate, addirittura contattiamo chi ci è stato prima di noi, nonostante tutto, il timore della fregatura c’è sempre. Di li a poco chi vivrà vedrà, ma io continuo ad investigare anche se ormai è tardi, così chiedo cosa ci aspetta la sotto, e Mario è molto sereno ed onesto nella descrizione dei fondali, così ho capito che il posto poteva offrire scenari fantastici ed unici. Iniziava la partita per organizzare il tutto al meglio ed ottimizzare i tempi, quindi ci giochiamo subito il jolly, domani andiamo a cercare lo squalo balena, il sogno di tutti i subacquei, nuotare fianco a fianco ad un bestione di otto metri, mi vengono i brividi a pensarci, Mario dice che abbiamo ottime possibilità di vederlo, così la tensione sale, e quando lo diciamo agli altri scatta l’ovazione, balena…balena…balena!!!!
La cena è buona e chiediamo il bis ed il tris di frutta, soprattutto mango, ananas e banane, i camerieri sono uno spasso, veramente simpatici, l’atmosfera è amichevole ed anche la nostra simpatia li conquista. Dal tavolo ci spostiamo alla zona relax per una bella chiacchierata, poi ad uno ad uno, anzi a coppia a coppia, cominciamo ad andare a dormire. Rimaniamo in pochi a sorseggiare una coca e goderci la fresca brezza che viene dal mare. Poi all’improvviso arrivano Eleonora e Giorgia spaventate da una belva feroce che annaspava sul vetro della loro veranda. Niente paura corriamo subito a vedere, ma niente, la belva deve essersi spaventata e non c’è più, Milena ci spiega che sono le scimmiette, io non ci credo. Ma quando nel cuore della notte sento un casino venire dalla mia veranda, mi viene un accidente, poi penso che saranno le scimmie e mi riaddormento. L’appuntamento è alle 9.00, il luogo dove si hanno più probabilità di incontrare il balena è dall’altra parte dell’isola, così per rendere il trasferimento più veloce ci spostiamo via terra con le Land Rover fino ad una spiaggia dove ci attendono le barche. La vetroresina qui non esiste, tutte le imbarcazioni sono in legno, essenziali, rudimentali, ma perfettamente funzionali e non stonano con la selvaggia natura del posto. Tutte hanno la vela latina, ma ormai la tecnologia comincia ad arrivare e direi che in questo caso non disturba più di tanto, di fatto queste imbarcazioni a forma di lancia affusolata sono dotate di motori fuoribordo yamaha o suzuki, le uniche concessionarie in grado di fornire una minima manutenzione.
Le maree di Mafia sono di quelle importanti, il mare si ritira anche di centinaia di metri, per cui per raggiungere l’imbarcazione dobbiamo percorrere un bel tratto facendo attenzione a non calpestare coralli e stelle marine. Indossiamo i calzari per evitare di farci male e pian piano ci avviamo verso il mare, da lontano si ha l’impressione che le persone camminino sopra le acque, incontriamo pescatori che si muovono con sorprendente agilità navigando con piccole canoe scavate nel legno, sembra di essere catapultati in un’altra era, ho sempre l’impressione di non essere li ma di guardare un documentario, Quark o Linea Blu, questo mi succede spesso, soprattutto i primi giorni, quando mi devo ancora ambientare.
Le barche sono due, saliamo a bordo e sistemiamo l’attrezzatura, maschera e pinne, si va in snorkeling, lo squalo balena nuoterà in superficie per nutrirsi di plancton, e noi ci avvicineremo il più possibile con l’imbarcazione e poi ci tufferemo per nuotarci vicino. L’abbondanza dei balena è dovuta al fatto che qui il mare è ricco di plancton, l’acqua è infatti verdastra, ma la visibilità è sufficiente per farti arrivare il cuore in gola quando ti vedi arrivare un bestione di otto dieci metri.
Si parte, tutti scrutano l’orizzonte per scorgere un segno, uno spruzzo, una pinna. Io ho già incontrato il balena lo scorso anno nello Yucatan, barche super veloci, comode, ma anche duecento dollari a persona, e poca poesia ed avventura, tutto troppo costruito, fatto per un turismo mirato agli americani. Ora è tutto più naturale, il paesaggio, la barca, l’equipaggio che grida, non ci sono telefonini ne radio, si va a vista. Finalmente scorgo qualcosa in lontananza e non ho dubbi, è un balena, anche Ravasio lo vede ma non è sicuro. Si continua a cercare e finalmente ne avvistiamo uno enorme con la bocca spalancata che ingurgita plancton a pelo d’acqua. la truppa impazzisce, tutti indossano maschera e pinne, pronti a saltare giù. Raccomando a tutti di non avvicinarsi troppo alla coda con la quale potrebbe farci male e soprattutto di non toccarlo o peggio di attaccarsi per farsi trasportare. Lo squalo balena si muove lentamente, comunque la sua velocità è doppia rispetto ad un buon pinneggiatore, quindi dopo un po’ bisogna mollarlo ed aspettare di essere recuperati dall’imbarcazione. Nello Yucatan era tutto diverso bisognava saltare in acqua in gruppi di quattro persone per volta e risalire immediatamente al richiamo della guida, inoltre era obbligatorio il giubbetto di salvataggio e si scendeva a turno, una vera tortura, qui facciamo come ci pare, è uno spasso, e ci godiamo tutto lo spettacolo.